L’export del Made in Italy: come si comporta l’Italia all’estero

L’Export del Made in Italy per molti anni è stato, e continua ad essere un settore trainante dell’economia italiana, con una continua crescita del fatturato nel corso degli anni.

All’estero tutti amano il “Belpaese”, il paese dell’ottimo cibo, dei mille dialetti, dell’artigianato. Un’eccellenza e un punto di riferimento per la sanità mondiale, per l’imprenditorialità e per moltissimi altri campi. Abbiamo anche noi i nostri aspetti negativi ma sicuramente riusciamo ad eccellere con la qualità, la bellezza e la perfezione del “Made in Italy”.

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Dopo la crisi del 2008, che ha colpito in modo più leggero anche gli anni successivi, le aziende italiane sopravvissute sono riuscite ad adattarsi a nuovi standard. Si sono reinventate e hanno “brandizzato” la provenienza geografica dei prodotti, che è sempre riuscita ad affascinare il cliente straniero.

L’export è quindi un punto di forza per l’economia italiana sia a livello delle imprese che a livello turistico. Aiuta a creare un’immagine di qualità al di fuori dell’Italia.

Ma quali sono i settori del Made in Italy che vanno maggiormente fuori dal paese?

Prima di tutto c’è da dire che in Italia le imprese che vendono all’estero rappresentano solo il 56%. Di cui soltanto il 25% di questi ha un sito multilingua, 13% solo italiano, 8% ha sede all’estero e il 10% appartiene a multinazionali. Il 44% vende solamente in Italia. E ciò nonostante l’Italia ha una posizione stabile nella Top 10 dei paesi esportatori, grazie alle quote di mercato e ovviamente alla qualità del prodotto Made in Italy.

Facendo riferimento ai dati del 2019, i prodotti maggiormente esportati dall’Italia sono i medicinali e quelli farmaceutici con un peso del 6,2% nell’export italiano. Copre poi una grande fetta l’esportazione di macchine di impiego generale (forni, attrezzatura da ufficio, macchine da sollevamento e spostamento), con un 5,4%, e macchine per impiego speciale con il 4,5%.

Al di sotto di questi due settori c’è quello dell’abbigliamento con un 4,0% delle esportazioni, grazie alla grandissima quantità di imprese conosciute in tutto il mondo. Seguono poi i settori metallurgico e chimico vicino al 2,5/3% delle esportazioni. Quello dei prodotti in cuoio conciato e lavorato con il 2,7%. Fino ad arrivare alla produzione di calzature e bevande, con rispettivamente 2,2% e 2% delle esportazioni dall’Italia. L’export del Made in Italy è per il 40% proveniente dal Nord-Ovest, il 33% dal Nord-Est, il 16% dal Centro e solamente l’11% dal Sud.

Chi sono i principali consumer dei Made in Italy?

Il 67% dei prodotti è destinato al territorio europeo; difatti Germania con il 13% e Francia con il 10,7% sono i principali importatori di prodotti italiani. Seguono poi l’America (9,6%), Svizzera (5,5%) e Regno Unito (5,2%).

Con l’avvento del Covid-19, nei primi mesi del 2020 i dati non sono andati proprio come previsto. Sia in Italia, che nel resto dei paesi, c’è stato un aumento delle vendite notevole nel settore farmaceutico a causa della pandemia. Gli altri settori invece stanno subendo gravi ripercussioni, mentre quello alimentare, ha avuto un aumento proprio grazie al marchio “Made in Italy”, che nelle esportazioni ha registrato un +21% solo a Marzo con la vendita di pasta e +5,2% per il vino fuori dall’UE.

Abbiamo osservato quindi come il Made in Italy possa essere un’opportunità per far crescere il business di un intero settore facendo uso principalmente di strategie digitali. E forse il 44% delle aziende italiane che vende solamente in Italia dovrebbe sfruttare queste opportunità per espandere i propri orizzonti e cercare di aumentare il fatturato. Perché c’è poco da dire, il prodotto italiano piace e sono in molti a volerlo tra le proprie mani.

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